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© GIANCARLOSCAPIN2009

Creatività

Il prof. Dino Formaggio scrive su Giancarlo Scapin

La parola che più frequentemente emerge nel discorso e nel pensiero dello scultore ceramista Giancarlo Scapin è già interamente significativa del suo vivere e del suo operare nel mondo dell’arte.

Essa è: CREARE.

Creare, creare e creare, oggi, domani, sempre.

Operare nella scultura è un compito non solo di ogni vero artista, ma principalmente per questo tipo di artista. E poiché si tratta di un artista ceramista, allora il verbo “creare” si potenzia su se stesso”. Per quale ragione?
La ragione nasce dal fatto esistenziale che creare (il “creare” dell’artista) ingloba un profondo significato che non è certo quello di “creare dal nulla” (che vale per il divino, ma non per l’uomo): al contrario e più umanamente, è il creare simboli e significati di immagini e di forme astratti fuori e fatti esistere dal fondo delle materie, un trarre senso dall’insensato immateriale.

Inoltre, quanto più duro e insensato come una pietra o come una fusione che esce dalla violenza del fuoco è il lavoro, tanto più bella, perché vincente, è la lotta intrapresa dall’artista.
Così la scultura è vincente sulla pietra che viene animata e, in più la scultura in ceramica, con l’intervento magico del fuoco, della fiamma, diventando vincente due volte.
Così nasce e vive lo scultore ceramista. Così vive e opera Giancarlo Scapin.
Lunga come la storia dell’uomo è la storia gloriosa - sacra e umana - della scultura. E parimenti lunga nei secoli è la storia della ceramica e delle sue misteriose tecniche di creazione.

L’amica Paola Mola, una delle maggiori storiche della scultura in Italia, parlando delle origini di quell’arte, aveva accennato al Giacobbe della Bibbia che, dopo aver dormito alla notte con la testa appoggiata ad una pietra rinvenuta sul luogo, trovandosi al suo risveglio ad avere un segno di presenza divina, sollevò la pietra e la piantò nella terra per consacrarla come una stele funeraria “e versò l’olio sulla sua sommità”. Nella Bibbia nasceva così la prima scultura funeraria. Del resto, (citava Paola Mola) bastava ricordare la famosa “colonna funeraria di Seikilos”, una pietra monumento funebre alta un metro e trenta con una epigrafe commemorativa, dotata persino di una notazione musicale per il canto della lira che Seikilos offriva ai viventi (unico documento dell’antica Grecia).
GIANCARLO SCAPIN incarna un felice connubio tra un’antica e gloriosa arte funzionale (una volta si sarebbe detto artigianale) come la Ceramica di grande storia orientale per la maestria giapponese del RAKU.

Ma in SCAPIN il connubio di scultura e ceramica non è qualcosa di duale, bensì una congiunzione di potenze formative e in una perfetta unificazione strutturale: quella della nascita in blocco di un unico respiro organico e vivente dell’opera d’arte, dove la ceramica da arte puramente funzionale, quella del vasaio, per intenderci, sale ai volumi ed ai piani strutturali per autonominarsi in pienezza d’arte, in una scultura con tutta la sua essenza di terre e di fuoco, in splendida veste abbagliante di bianchi o di luminoso colore.
Una sintesi, dunque, di piena e alta FORMALIZZAZIONE DI ARTE AUTONOMA.

A questo si giunge dopo un lungo cammino di apprendimenti successivi, fino al pieno
dominio delle tecniche e delle nascite dalle interne leggi delle materie, insieme alle misteriose leggi della rivelazione delle immagini tratte dalle caverne del “Regno delle Madri”, cioè partorite dall’inconscio.
Spinto dallo spirito inquietato da insaziabili curiosità di mondi diversi e di nuovi saperi, Scapin divenne presto un giramondo curioso ed attento a sempre nuove ricerche ed esperienze.